Pachimetria corneale, cos’è?

Salute degli occhi
Pachimetria corneale, cos’è?
10/11/2021
occhi gonfi bambini Tempo di lettura: 4 Minuti

La pachimetria corneale è un’analisi strumentale non invasiva – praticata per mezzo di un microscopio speculare o di un tomografo ottico a coerenza.

Viene utilizzata per misurare il valore dello spessore corneale, ovvero l’area trasparente posta davanti all’iride, al fine di diagnosticare e monitorare l’evoluzione di patologie oculari come il glaucoma o il cheratocono, oltre a studiare le caratteristiche dell’area corneale in vista di interventi di chirurgia refrattiva o corneale.  Il centro della cornea corrisponde al punto più sottile.

A cosa serve?

L’esame pachimetrico è importante per misurare lo spessore corneale per diversi aspetti:

  • Diagnosi del cheratocono: questo serve a rilevare l’evoluzione della patologia del cheratocono, che si caratterizza con un progressivo assottigliamento corneale.
  • Diagnosi del glaucoma: la pachimetria viene eseguita per monitorare l’ipertono oculare.
  • Chirurgia refrattiva: insieme alla topografia corneale è uno delle osservazioni diagnostiche più importanti per verificare l’ idoneità alla chirurgia refrattiva, ossia per la correzione di miopia,  ipermetropia,  astigmatismo  e  presbiopia.
  • Chirurgia corneale: la pachimetria è utilizzata anche in caso di interventi corneali come cross-linking, anelli intrastomali o trapianto di cornea.
  • Edema corneale: utilizzato per la valutazione della patologia corneale.
  • Portatori di lenti a contatto: indispensabile per la valutazione delle variazioni corneali e lo stato di idratazione, disidratazione della stessa.

Come viene effettuato l’esame?

La pachimetria corneale è un esame non invasivo, semplice e indolore che non richiede nessun tipo di preparazione e viene effettuato durante una visita oculistica con un macchinario specifico: il pachimetro ad ultrasuoni (a contatto).

La sua procedura è la seguente:

  1. Viene fatto sedere il paziente su una poltrona.
  2. Il personale specializzato effettua la prova strumentale instillando una goccia di collirio anestetico nell’occhio (per evitare la sensazione di fastidio mentre si sfiora la superficie corneale).
  3. Successivamente viene appoggiata una piccola sonda (simile ad una penna) al centro della cornea per rilevare lo spessore che effettua la misurazione per mezzo degli ultrasuoni.
  4. I dati vengono acquisiti in pochi secondi da un computer.
  5. L’esame può essere ripetuto più volte, con la misurazione in diversi punti della superficie della cornea.

È rapido e si realizza in pochi secondi, senza incidere in alcun modo sulla qualità della visione: nel referto vengono riportate sia la conclusione diagnostica sia le informazioni e i dati relativi allo spessore della cornea.

Oltre al pachimetro corneale ultrasonico, che è lo strumento più utilizzato, possono essere usate altre tecniche come:

  • Pachimetria ottica: non prevede nessun contatto con la parte esterna dell’occhio (fa eccezione la microscopia confocale – funzionale a visualizzare tutti gli strati che costituiscono la cornea e a individuarne i punti più fragili – che prevede la presenza di un gel tra l’occhio del paziente e lo strumento di analisi)
  • Mappa pachimetrica: in questo esame viene individuato lo spessore della cornea in più punti della mappa corneale, compreso il punto più sottile.

Quali sono i valori normali di una pachimetria corneale?

L’unità di misura di lunghezza della pachimetria sono i micrometri (μm), corrispondente ad un millesimo di millimetro.

Per quanto riguardo i valori di riferimento, lo spessore “normale” della cornea al centro è infatti di poco superiore a mezzo millimetro (520-550 µm). Seppure si tratti di casi più rari, possono essere considerati come normali anche valori compresi tra 460 e 620 µm.

Quando i valori corneali sono molto sottili si può essere più propensi a sviluppare problematiche come: cheratocono, cheratite o ulcera corneale e aggravi glaucomatosi (si tratta peraltro delle medesime patologie responsabili dell’alterazione dello spessore corneale).

Coloro invece che sono dotati di un maggiore spessore corneale (valori alti) tendono ad essere più protetti sotto questo punto di vista.

È necessaria una preparazione all’esame?

Come già affermato, questo esame, svolto da un medico oculista nel corso di una visita in regime ambulatoriale, non richiede nessun tipo di preparazione specifica da parte del paziente, né richiede la dilatazione della pupilla.

Solo nel caso in cui venga svolta una pachimetria ad ultrasuoni (invece di utilizzare il pachimetro ottico) verrà usato, all’inizio, un collirio a base di novesina per anestetizzare la superficie oculare: per questo motivo, sarebbe consigliato comunicare al medico eventuali allergie ad anestetici.

Chi può eseguire questo esame?

L’esame della pachimetria corneale può essere svolto da tutti e a qualsiasi età. Nei bambini ci deve essere attiva collaborazione nel corso della misurazione per garantire risultati attendibili, anche perché, ad esempio, la semplice chiusura involontaria dell’occhio porterebbe a ripetere l’esame dall’inizio.

Al contrario di altri esami, i dati ottenuti dalla pachimetria rimangono sostanzialmente stabili nel corso del tempo, eccetto in caso di cheratocono (malattia degenerativa della cornea che determina una distorsione della sua superficie, causando nel tempo una riduzione dell’acuità visiva).

Naturalmente, nel caso in cui il paziente si sottoponga a un intervento chirurgico, la pachimetria servirà a valutare i cambiamenti nello spessore e nella superficie della cornea pre e post trattamento. 

Quali sono i rischi?

L’esame pachimetrico non è un’indagine pericolosa per la vista, richiede solo cooperazione da parte del paziente e non comporta alcun rischio, nella misura in cui il contatto tra lo strumento di analisi e l’occhio del paziente è minimo ed estremamente delicato. Vi è, teoricamente, la possibilità che lo sfioramento tra la sonda pachimetrica e la cornea aumenti il rischio di sviluppare infezioni o traumi corneali: si tratta, tuttavia, di una possibilità abbastanza remota e improbabile.

Fonti

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NOTA BENE

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Dott. Federico Fiorini

Articolo supervisionato dal

Dott. Federico Fiorini

Medico chirurgo e Direttore Sanitario di Clinica Baviera Bologna

Collabora con Clinica Baviera come Chirurgo Oculista e Direttore Sanitario di Clinica Baviera Bologna dal 2020. È esperto in topografia corneale, oct, fluorangiografia, laser retinico e yag laser per la cataratta secondaria. Nella sua carriera ha svolto oltre 12.500 interventi tra chirurgia della Cataratta, chirurgia della Presbiopia, della Cornea, dello Pterigio, chirurgia del Glaucoma, chirurgia refrattiva e impianti di lente da camera posteriore (ICL). Esperto di chirurgia Palpebrale (Ectropion/Entropion, Dermatocalasi, Xantelasma, Calazio) e delle vie Lacrimali. Nel 2017 ha pubblicato una tecnica personale per la chirurgia dello Pterigio.

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